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Coronavirus e “SputtaNapoli”: il Sud continua ad “intraprendere”, nonostante tutto

“I meridionali non dovranno più intraprendere”. Queste parole pronunciate da Carlo Bombrini, governatore della neonata Banca Nazionale del Regno d’Italia, è quella che più mi risuona nella mente ogni volta che, da Roma in su, viene rovesciato livore e odio su Napoli e il sud Italia. L’emergenza coronavirus ha moltiplicato esponenzialmente le dimostrazioni di disprezzo, di millantata “superiorità” del Nord da parte di medici, addetti ai lavori e persino giornalisti… ed evito il cenno ad un ben noto schieramento politico.

Si era all’indomani dell’unità d’Italia quando Bombrini lanciò il monito per il futuro, segnando il destino del Sud, relegandolo a mera colonia del regno sabaudo. L’indirizzo dato dai reali piemontesi d’altronde era proprio questo. Contestualmente si presentava il piano economico finanziario che prevedeva lo smantellamento delle aziende del Sud, il trasferimento dei beni al Nord e l’impoverimento materiale e immateriale di una lunga striscia dello stivale fino ad allora ricco, invidiato ed autosufficiente.

Un retagio che, evidentemente, è arrivato fino ai giorni nostri e che pesa ancora su una città-capitale come Napoli e un Sud affossati ogni qualvolta si cerchi, timidamente, di far emergere un primato, un’eccellenza o una capacità.

Lo ha dimostrato la polemica Ascierto, lo hanno confermato le gaffe di Striscia la Notizia, Enrico Mentana, Mirta Merlino e una lista lunghissima di giornalisti. Sono dovuti venire giornalisti e testate internazionali da oltre confine per dimostrare al mondo quanto Napoli sia effettivamente una città a cui – almeno all’estero – si guarda con interesse, come una città importante merita, come una ex capitale decaduta merita. In casa nostra, in cui i napoletani si sentono sempre più estranei, ogni eccellenza viene invece derisa, dieci persone riprese in una strada di un chilometro diventano incoscienti che mettono a rischio la salute mondiale e i numeri contenuti di contagi che si registrano a Napoli, in Campania e nelle regioni dal Lazio in giù non sono altro che frutto di una fortuna sfacciata che ha sorriso ad una “regione arretrata” e depressa del “Bel Paese.

Troppe volte abbiamo sentito in questi giorni frasi come “se fosse successo al Sud quello che – purtroppo – sta accadendo in Lombardia staremmo contando i morti”, probabilmente un modo per coprire le inefficienze emerse nella cosiddetta locomotiva d’Italia e nella rinomata sanità settentrionale che proprio non può permettersi che passi il messaggio che tutto sommato anche curarsi a Napoli non sia impossibile, che la sanità lombardo-veneta qualche pecca effettivamente possa averla e che la gesione politica del comparto medico sia sottoposta periodicamente a inchieste di proporzioni immani. Potenzialmente si tratterebbe di una perdita economica drammatica per quella che viene considerata tra le aziende più redditizie delle regioni a guida Lega. Ci vorranno anni, ma prima o poi le migliai di vittime innocenti che l’Italia si trova a piangere in questi giorni avranno la giustizia che meritano. Chi ha sbagliato, anche politicamente, pagherà.

“I meridionali non dovranno più intraprendere” ma in questi giorni sta dando prova di civiltà, di rispetto delle regole – con le fisiologiche eccezioni che si registrano ovunque – e di efficienza, nonostante i mezzi esigui a disposizione. Contagi ridotti, cure all’avanguardia, modelli di gestione e corse contro il tempo stanno dimostrando quanto, nelle difficoltà e contro un nemico comune, i meridionali sappiano fare squadra dando il meglio di loro stessi.

“I meridionali non dovranno più intraprendere”, ma se ne fregano e continuano a farlo. Uno smacco troppo grande per quelli che li considerano “inferiori”, arretrati… terroni. Una rivalità che si tramanda di generazione in generazione che nulla potrà mai cancellare se non la verità scritta nero su bianco nei libri di scuola.

Quando la liberazione dai Borbone “sporchi e cattivi” sarà sostituita da una guerra di conquista, una colonizzazione con tanto di razzie, stupri e lager, solo allora si potranno iniziare a buttare le basi di una convivenza civile, dell’unità tanto professata e mai pienamente acquisita nelle coscienze e nei fatti.

“I meridionali non dovranno più intraprendere” e guai se alzano un po’ la testa. Saranno additati come piagnoni, ladri, farabutti e la cosa finirà in caciara. Nessuno nasconde le tante difficoltà, la criminalità organizzata, atteggiamenti inurbani e le problematiche di una terra difficile abbandonata a se stessa, ma non può essere una descrizione sempre e solo a senso unico.

Per questo ogni articolo stereotipato, ogni allusione, ogni attacco dovrebbero essere accolti come una certificazione: Napoli è ancora una temuta capitale, il sud è ancora una nazione che non si rassegna e che urla “IO CI SONO, NONOSTANTE TUTTO”. Un grido strozzato, ma ricco di orgoglio. Sorridete dunque. Il sud c’è ed è migliore di quanto vogliano farvi credere.

Il sud continua ad “intraprendere”, se ne facciano una ragione.

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ALIENI – METTI A FUOCO, COGLIONE!

alienoNon vorrei cadere in discorsi banali, ma è innegabile che viviamo in un momento storico segnato dalla tecnologia. Lo smartphone è diventato un oggetto irrinunciabile per chiunque voglia definirsi al passo coi tempi. Davvero.
Conosco anziani, gente che campa con la pensione di invalidità, con gli smartphone in mano; li vedi gironzolare per le strade alla ricerca di connessione come un rabdomante cerca l’acqua in tempi di siccità. Per non parlare dei “cciovani”. Ai miei tempi (sembra una frase da anziano, ma chi è nato negli anni ottanta si è trovato “a cavallo” tra la generazione del telefono pubblico con la scheda e quella del selfie…è un trauma), per essere considerato parte del gruppo, bastava un super santos da mettere a disposizione dei compagni per una partitina; oggi, un bambino, per fare parte del sistema, deve avere lo smartphone, deve condividere link e – soprattutto – deve fare foto, tante foto. Magari deve anche abbinare una frase profonda tratta da un autore che, vai vrenn, non ha mai letto. E così sotto a una foto con due minorenni vestite come “Tiziana, la regina della Domiziana” puoi trovare una riflessione di Alda Merini sulla semplicità.
Anche i video sono fondamentali.
E’ importante fare il video di ogni cosa: concerti, gente ubriaca (ok questo ci sta), bambini che ridono, bambini che piangono, incidenti, manifestazioni, sparatorie, attentati, porno amatoriali, gatti, gente imbarazzante… tutto, ma proprio tutto, deve essere ripreso col cellulare e deve essere ASSOLUTAMENTE pubblicato.
Ormai dovremmo essere tutti dei registi provetti. E allora la domanda è questa: perché quando si tratta di filmare un cane che cerca di copulare col piede di un tavolo diventano tutti Quentin Tarantino e quando invece c’è un UFO in giardino le riprese sembrano fatte con un Motorola V3 da un anziano cieco, col Parkinson? Nun s’è mai capit.

Quando lei “nun vo’ fa cart'”, ovvero il due di picche

due di picche
due di picche

C’è chi lo chiama “palo”, chi lo chiama “due di picche”, alcuni lo definiscono “friendzone”, fatto sta che – in qualsiasi modo lo si chiami – un rifiuto è un fetente di guaio.
Eh si. Il problema, statisticamente, è quasi esclusivamente maschile: sono convinto che Dio, nel famoso discorso della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, abbia detto “Uomo, tu lavorerai col sudore della tua fronte e, nel tempo libero, acchiapperai una vrangata di pali”, ma che la frase completa si sia persa nel corso delle trascrizioni. I rifiuti aiutano a crearti una corazza (quando prendi sportivamente la cosa) e ad evitare di ricadere negli stessi errori nei tentativi successivi; un po’ come quando nei videogiochi ti uccidono durante una missione, ma puoi comunque riprovarci fino ad arrivare a sconfiggere il mostro. Si, lo so, il paragone è un po’ forzato, ma questo mi è venuto.
Il vero problema, cari amici, non è tanto il due di picche in sé per sé (che per i più esperti si dimentica al respiro successivo), No! il vero problema sono i modi subdoli in cui ti viene servito. Ci sono frasi che le donne hanno prestampate nel DNA; si va dal “Ho bisogno di tempo, esco da una storia di x anni” al “sto pensando di farmi monaca”. Ognuno ha la sua esperienza in merito. La frase più bella che mi è stata detta è “E’ un momento un po’ particolare, ho deciso di non vedere nessuno, ma stai sicuro che, se cambio idea, sarai il primo a saperlo”. Fortunatamente l’esperienza e un briciolo di lucidità mi hanno fatto capire che era un vero e proprio palo, ma poi ho provato a mettermi nei panni di  un pivellino destinatario di una supercazzola del genere; lui, sicuramente, avrebbe comunque continuato a sperare, invano, in un ripensamento della “donzella”, gettando anni e anni della sua vita nel cesso.
Pochi giorni fa ho sentito in un bar un tizio dire ad un amico: “Ci ho provato ma nun vò fa cart”. Erano anni che non sentivo questa espressione, ma – nella sua semplicità – racchiude tutto il senso del corteggiamento che si conclude con un due di picche: tu la vedi e pensi ad una partita a scopa, le parli, lei non ci sta (nun vo fa carte) e allora ripieghi su una delle tante varianti del solitario.

VERGINITA’: SCALATORE O CACCIATORE DI TOMBE?

Tuts_Tomb_OpenedCol passare degli anni e – di conseguenza – delle generazioni, il “mito” della verginità femminile è andato via via dissolvendosi a vantaggio della precocità. Sarebbe inutile parlare di quella maschile perché più o meno viene considerata come un pensiero da togliersi il prima possibile. Per le donne, invece, si è trasformata  – per molte – da “dono da salvaguardare” a busta di rifiuti indifferenziati che ti scocci di tenere in casa. Conoscere una ragazza vergine – di questi tempi – è come vedere un unicorno o uno yeti.
Non fraintendetemi… non voglio giudicare, in questa sede, né chi è troppo precoce né – tantomeno – chi è troppo “conservatrice”; voglio invece soffermarmi a guardare la questione dal punto di vista maschile.
Il rapporto di un uomo con la verginità femminile – a mio modesto avviso – si può racchiudere in due macro categorie: scalatori e cacciatori di tombe. Ecco, sinteticamente, le caratteristiche che le differenziano:
Lo scalatore, notoriamente, mira a raggiungere per primo le vette delle catene montuose più alte ( e non a caso anche quelle cominciano a scarseggiare). Tanti valorosi eroi hanno perso la vita cercando di raggiungere quell’agognata meta, in pochi ci sono arrivati e non senza qualche salutare scivolone. Mettere – per primo – la bandierina su quella cima con la consapevolezza che “la salita è dura, ma dall’alto la vista è splendida” equivale alla realizzazione di un sogno, all’ingresso trionfale nella storia dell’alpinismo.
Il cacciatore di tombe, invece, pur desiderando di essere il primo ad entrare in una tomba, in cuor suo preferisce che il sito sia stato già profanato da altri, preferibilmente senza la compromissione della struttura portante. La storia dell’archeologia, infatti, è piena di casi in cui gli scopritori sono misteriosamente rimasti vittime delle maledizioni degli ospiti originari. Chiedere a Tutankhamon per conferma.
Allora… scalatore o cacciatore di tombe?

PROVA A VINCERE UNA CASA, MA VEDI DI NON ANDARE SOTTO I PONTI

vincicasaIl nuovo entusiasmante gioco firmato Sisal è veramente uno spasso! Puoi vincere una casa, quattro mura dove poter dimorare con tutti i tuoi cari. Finalmente puoi creare una famiglia, mettere le basi per una splendida vita e tutto grazie ai monopoli di Stato. Pensaci: non dovrai più pensare a donna Concetta che ti chiede l’affitto – in nero – tutti i mesi; potrai frenare quel senso di insoddisfazione che ti prende tutte le sere che appoggi la testa sul cuscino; svolgerai il tuo lavoro –pagato in nero – senza più troppi pensieri per la testa; finalmente le cose potrebbero andare per il verso giusto.
Però prima devi schiattare in una ricevitoria per giorni, settimane, mesi, forse anni, alla ricerca dei numeri vincenti che ti faranno dire: HO UNA CASA!!!
Ricordati però che devi prima indovinare 5 numeri su 40: non è così semplice; in caso contrario – infatti – non avrebbero mai rischiato con un gioco simile. Il banco vince sempre, da che mondo è mondo, e così continuerà ad essere. Non illuderti, non metterci troppo il pensiero, investi il costo di un caffè in questo sogno…niente di più perché, in caso contrario, perderesti anche quel buco di 50 mq in periferia a 400 euro al mese che la signora Concetta ti ha messo “gentilmente” a disposizione. Sei sicuro che sia ciò che vuoi?
Patrizia, tua moglie, non potrebbe mai perdonarti una cosa simile. Finiresti da solo sotto i ponti!!! Non penserai mica che lascerebbe Ciro e Chantal con un irresponsabile come te? No, se ne tornerebbe da mammà. I quartieri spagnoli in confronto al ponte della ferrovia sono come Dubai. Pensaci bene prima di giocare!
Il mio è solo un consiglio poi fai come ti pare!!!

LINGUACCIA – DE PEN IS ON DE TEBOL

regina-elisabetta-iiSe non conosci l’inglese non vai da nessuna parte”. Alzi la mano chi non ha mai sentito questa affermazione.
Se non conosci l’inglese è un guaio. Ti si chiudono tutte le porte. Praticamente sei destinato a vendere fazzolettini ai semafori. Rassegnati. Puoi essere anche il più grande ingegnere, avvocato, economo, giornalista, fabbro, facchino, cameriere, falegname, idraulico, ma se non conosci l’inglese sei la “scumma” della gente.
Io, a dire la verità, non ho avuto molta fortuna con il sistema scolastico nazionale: tra il professore d’inglese della scuola media e quella del liceo non so dire – a distanza di tanti anni – chi faceva effettivamente più schifo. Mentre i ragazzi di altri istituti imparavano che “the pen is on the table”, io diventavo un esperto giocatore di tresette. Negli anni in cui altrove si studiava letteratura, io dovevo stare ad ascoltare un’anziana signora che raccontava dei suoi trascorsi in terra britannica…un incubo.
Fortunatamente, da autodidatta, col tempo sono riuscito ad “accocchiare” un po’ di conoscenza che mi permette di non essere totalmente impreparato sulla lingua della regina Elisabetta.

Se non conosci l’inglese non vai da nessuna parte e se non conosci il francese pensaci bene prima di prenotare quel viaggio a Parigi. I francesi – infatti – sono noti per le liti con i turisti che non hanno una pronuncia alla Sophie Marceau .

Se non conosci l’inglese non vai da nessuna parte. Nemmeno a “X Factor”. Va a finire che diventi lo zimbello di Mika: uno che si veste al buio in un negozio per clown.

Se non conosci l’inglese, fai come Matteo Renzi, mettiti a fare il Primo Ministro italiano.

KEPLER 186F – FORSE NON SIAMO SOLI…

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La Nasa annuncia di aver trovato un esopianeta “cugino” della Terra, ma non ci esaltiamo… non è stato ancora scoperto un bel niente.
Andiamo con ordine. 5 anni fa, quella banda di curiosi della Nasa, inviò nello spazio un satellite con tanto di telescopio, dal nome Keplero. Embè, come funziona Keplero? Molto semplicemente questo telescopio ha il compito di individuare negli oltre 13 miliardi di anni luce cubici di universo (grandezza totalmente inesistente, ma che utilizzo per farvi capire di cosa parliamo) un pianeta simile alla Terra.
“E che ce vo” direte voi… “E no!” replico io… Non è così semplice come sembrerebbe.
I pianeti, infatti, non brillano di luce propria e quel poco di luce che riflettono si perde nel buio dell’universo e coperto dalle nebulose che si interpongono tra il punto di visione e l’oggetto visualizzato.
Mi state seguendo? Bene.
Cosa fa Keplero? Keplero, osservando migliaia di stelle contemporaneamente, aspetta che tra la stella e il telescopio si interponga un corpo che riesca a creare un cono d’ombra (anche piccolissimo) sulla stella. Ecco quello è il segno che probabilmente c’è un pianeta che gli orbita intorno. Ed è necessaria una fortuna non indifferente, visto che il telescopio potrebbe essere puntato in posizione obliqua rispetto all’orbita del pianeta e non beccare mai il suo passaggio davanti al rispettivo sole… e capit??
Una grande figata.

Embè… ciorta ha voluto che Keplero abbia beccato un esopianeta distante circa 500 anni luce da noi che potrebbe avere caratteristiche tali da renderlo abitabile. Kepler 186f infatti si trova ad una distanza tale dalla propria stella da poter essere abitato. Purtroppo questo non basta per dire che un essere vivente potrebbe “camparci”: bisogna vedere la densità (se è un pianeta gassoso come Giove è inutile dire che non avendo superficie non sarebbe abitabile), bisogna vedere la composizione dell’atmosfera, la presenza di un efficiente campo magnetico ecc ecc… nu burdell in pratica.
Fatto sta che stu Kepler 186f, essendo solo il 10% più grande della Terra ha buone probabilità di essere roccioso e a quella distanza dal suo sole potrebbe presentare acqua allo stato liquido.
“Azz, allora potremmo abitarci” direte voi, “Avviati” rispondo io.
Il pianeta si trova a 500 anni luce da noi. In pratica, viaggiando a 300.000 km/s (la velocità della luce, per i profani) potremmo arrivarci in 500 anni… e vai và…
Anche se – ora – riuscissimo ad avere un’immagine del pianeta, vedremmo quel pianeta 500 anni fa… Anche se vedessimo un alieno che fa ciao con la manina (dovremmo avere un telescopio grande quanto il sole) vedremmo un alieno di 500 anni fa.
In conclusione…non ci esaltiamo troppo, anzi si. E’ una scoperta eccezionale, che cambierà tante cose: dalla religione alla scienza, ma state ben certi che, al momento, il pianeta Terra – che stiamo facendo morire – è l’unico sul quale possiamo vivere.
Un abbraccio, Adam…ehm..Nicola…

 

 

POLVERE ERI E ALBERO DIVENTERAI

 

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Arriva da non so dove l’ultima trovata per rendere utile il post-morte: si tratta di una bizzarra trovata che rivoluzionerà il modo di concepire il passaggio a miglior vita.
La tomba? No, è sorpassata.
Un’urna? Non diciamo sciocchezze.
Quando morirai (e qui puoi fare tutti gli scongiuri che vuoi) potrai diventare una bella piantina che abbellirà il tuo paese, il tuo giardino o qualsiasi altro posto dove vuoi che venga piantato il tuo seme.
Morire per far posto a qualcosa di completamente nuovo dunque, ma come funziona?
Il meccanismo è molto semplice: grazie a un certo Martin Azua, un designer spagnolo con un’avversione verso i becchini, è nata l’urna Bios, cioè un’urna completamente biodegradabile che contiene un seme di albero. Una volta piantato, il seme dell’albero si nutre e assorbe le sostanze nutrienti dalle ceneri.

L’urna è realizzata prevalentemente da noce di cocco e cellulosa. Le ceneri vengono mescolate con queste sostanze, e il seme collocato all’interno. È anche possibile scegliere quale tipo di albero si vuole far crescere  e quindi quale tipo di albero si può diventare nella “nuova vita”. Una sorta di rinascita post-morte.
Da oggi, quindi, cambieranno molte cose, a partire dalla classica domanda: “Dimmi, Giorgino, cosa vuoi fare da grande?” Beh non vi meravigliate se, inaspettatamente, un bambino piuttosto sveglio vi risponderà: “Il mandarino”. Ci sta.
E chi glielo dice alla signora Patrizia (79 anni) che suo marito Ciro (81) invece di essere sepolto può diventare una pianta di limoni? La signora Patrizia, come ha visto fare a generazioni e generazioni di suoi avi, vuole che suo marito venga sepolto, messo in un loculo e trattato con tutti gli onori, fiori e lumini compresi.
Una volta convinta la signora Patrizia, Ciro dovrà decidere cosa vorrà diventare. La scelta è ampissima: si va dalla palma (sconsigliata per il punteruolo rosso) al pioppo, dal salice piangente (che però potrebbe amplificare la tristezza) al “classico” cipresso.
Ciro ha deciso: vuole essere una pianta di Limoni. Nel testamento ha proprio scritto: “Fate di me una pianta di limoni affinché Patrizia possa trasformarmi in un prelibato limoncello, comm sul ess sape fa!…lo spirito lo metto io”.
Certo, alcuni futuri defunti saranno avvantaggiati dal nome, per loro scegliere non sarà un problema: Pino, Viola, Rosa e via discorrendo vorranno mantenere sicuramente un po’ di continuità col passato e punteranno, con ogni probabilità, a continuare la loro esistenza da pini, viole, rose e così via.
Se da un lato questa soluzione può sembrare rivoluzionaria, dall’altra potrebbe presentare non pochi problemi; controversie che dovrebbero essere previste dal codice civile.
Coppiette che incidono i loro nomi su zio Ernesto, cani che fanno i bisogni su Donna Carmela, piromani che sterminano intere famiglie, ladri che rubano le mele di ‘on Peppino…saranno cose che bisognerà mettere in conto.
E allora, non è meglio continuare a fare come si è sempre fatto? In fondo una tomba è per sempre, ma un albero no.

 

RENZI: IL PREMIER CHE NON T’ASPETTI

renziE’ ufficiale: Matteo Renzi è il nuovo Presidente del Consiglio. Dopo un’attenta riflessione e un passo indietro importante, l’ex sindaco di Firenze, ha accettato l’inaspettata proposta di Sua Eccellenza Giorgio Napolitano e ha comunicato alla più alta carica dello Stato i componenti del suo Staff.

Una scelta sofferta quella di Matteo, colto alla sprovvista dalle dimissioni di Letta: “Sono nel bel mezzo di una palude – aveva dichiarato il Premier uscente – ho bisogno di aiuto. Vi prego salvatemi”.
Il grido di dolore arrivato dal volenteroso, ma non abbastanza cool, Enrico Letta non ha lasciato indifferente il direttivo Pd che, in una tragica riunione, ha votato per la “decadenza” di Letta in un clima di commozione e incredulità.
Quello che è successo dopo, però, non è storia: è già mitologia.
Ci sono volute ore ed ore di consultazioni tra Napolitano e le forze politiche parlamentari; incontri, telefonate e tweet hanno scandito quella che sarà ricordata, per sempre, come la settimana più significativa – e forse cruciale – della storia della Repubblica Italiana. Un uomo senza alcuna velleità politica viene scelto a caso dal Presidente della Repubblica per risollevare le sorti del Paese.
Altrettanto significativo è stato poi il volto incredulo che Matteo Renzi (chinate il capo per la benedizione) ha offerto alla stampa pochi minuti dopo aver accettato, con riserva sia ben chiaro, l’incarico di comporre la squadra di Governo. Le cronache parlano di svenimenti tra i giornalisti e conversioni tra i comunisti.
Le gesta miracolose del giovane toscano, però, non finiscono qui: col suo fare democristiano, l’acerbo boy scout di Rignano sull’Arno, dopo aver ricevuto la benedizione dal padre spirituale, Sua Magnificenza Silvio Berlusconi, ha rivolto un pensiero ai seguaci della dottrina “grillina” (i protestanti della politica tradizionale): “abbraccio gli elettori 5 stelle uno ad uno” ha affermato l’altissimo.
Sul blog di Beppe Grillo, luogo di culto della fede grillina, alcuni testimoni raccontano di aver letto messaggi di conversione da parte dei fedeli: “Ho sentito tanto calore” avrebbe affermato Michele da Bassano del Grappa; “Ho ancora il segno delle sue mani democristiane sulle spalle” dichiara invece Santuzzo da Agrigento. Queste testimonianze, si è scoperto in seguito, sono state prontamente cancellate dall’inquisizione a “5 stelle” del web master Casaleggio.

Oggi 21 febbraio 2014 Matteo Renzi ha ufficialmente dato il via, con la comunicazione della lista dei Ministri, al secondo miracolo italiano.
Vai Matteo, corri, spezza le catene del comunismo e apri le tue ali liberali.

Spicca il volo e percorri la realtà, passa alla storia e arriva alla leggenda.

Come difendersi dal candidato invadente

calcio_in_culoOggi voglio rivolgermi a te. Si, proprio a te. E’ inutile che ti giri, sto parlando con te!!!
Ammettilo, in questi giorni hai avuto dalle 5 alle 10 proposte di voto da personaggi più o meno credibili, improbabili e onesti.
Nei miei primi 26 anni di vita ho più volte sentito dire che durante le elezioni, tutto d’un tratto, tutti si ricordano di te, ti amano, ti avvicinano, ammiccano e – con molto garbo – ti chiedono di scrivere il loro nome su quella dannatissima scheda elettorale; tutto confermato: da quando posso votare è diventato un vero incubo camminare per le trafficate viuzze melitesi in campagna elettorale.
Un vecchio politico – una volta – mi disse, rivolgendo lo sguardo alla folla: “Guarda, quelli sono tutti voti che camminano” e in effetti ci trattano così: come tante piccole “ics” che vivono la propria vita e che in quei due dannati giorni diventano improvvisamente importanti.

E’ chiaro che, tra questi, ci siano anche persone che veramente meritano il voto; che ti dicono di essersi candidati giusto per renderti partecipe; che magari ti chiedono il voto in maniera poco invadente e meno opprimente degli altri ma – parliamoci chiaro – la restante parte,il 70% di loro, non sa nemmeno come ti chiami.

Per difendersi dagli ultimi giorni di sciacallaggio elettorale ho pensato di suggerire a te, spaesato lettore, alcune risposte da dare a questi personaggi:
1) Il disponibile Certo che ti voto, per me uno vale l’altro ma è meglio aiutare chi si conosce.
2) Il finto stranieroHo la residenza in Congo
3) Il finto redentoLa politica mi ha scocciato, avevo deciso di non andare a votare, ma se ti candidi tu…
4) L’amicone di tuttiVa bene, scriverò il tuo nome insieme a quello di tutti gli altri… come ti chiami??
5) Lo smemoratoTu sei…?
6) Il concorrenteMa lo vieni a chiedere proprio a me che sono candidato?
7) Il fedelissimoNo mi dispiace, ho sempre votato “tizio” e sarebbe uno sgarro non rivotarlo
8) Il mercenarioQuanto mi dai?
9) Il vendicativoMa se fino a ieri hai sempre fatto finta di non conoscermi.
10) Il capofamigliaOk, in famiglia siamo in 5, un voto per te ci esce sicuramente.